MICHELA EZEKIELA RIBA
E’ in collezione con l’opera: HIPPY FLOVERS LOLA trittico – olio su tela – cm. 50×60 + 50×60 + 30×60 – Anno 2009
Michela Ezekiela Riba nasce a Cuneo nel 1984.
Diplomata al Liceo Artistico di Cuneo si laurea all’Accademia di Belle Arti in pittura seguendo corsi di grandi maestri come Antonio Carena e Marcus Parisini.”Michela Riba espone una serie di lavori che raccontano la sua visione e interpretazione dell’esistenza e dell’esistente, la volontà di esprimere quella analisi intorno alla propria sensibilità, alle inquietudini quotidiane, alla condizione femminile.
“La Riba affida alle tele l’essenza di un discorso in cui la raffigurazione si muove dalla pittura al fumetto rivisitato, dall’introspezione alla poetica dell’immagine fissata nella memoria come in un fotogramma. Misteriosa e simbolica, la sua donna appartiene a questo nostro tempo quanto mai complesso.”
(di Angelo Mistrangelo)
“Con un inglesismo destinato a incontrare una certa fortuna nel dibattito culturale di questi ultimi mesi, il critico Ivan Quaroni ha definito “Italian newbrow” (“ Nuovo fronte italiano”) quell’attitudine di molti pittori delle generazioni più recenti a contaminare il proprio linguaggio iconografico saccheggiando l’archivio eterogeneo e sterminato della cultura di massa e della comunicazione mediatica globale: fumetti, fotografie, immagini digitali, figurini di moda e fashion sketches, fotogrammi cinematografici, spezzoni di videoclip. A differenza dei più celebri “Medialisti”, che pure si sono posti il problema, a partire dagli anni ’90 del Novecento, di rapportare l’impulso creativo alla consapevolezza di muoversi in uno scenario sociale ormai completamente dominato dalla tecnologia e dai codici comunicativi che essa impone, mi sembra che i “frontisti” si caratterizzino per un approccio più edonistico e meno problematizzante all’uso delle immagini, oltre che per l’esclusione generalizzata di opzioni espressive diverse dalla pittura. Questo consente loro, almeno in astratto, di concentrarsi maggiormente sulla qualità “artigianale” del manufatto artistico; peculiarità che li differenzia in buona misura anche dagli americani della pop generation, che costituiscono senza dubbio il loro riferimento storico principale. Si può affermare senza esitazioni che la poetica di Michela Riba sia riconducibile a pieno titolo all’“attitudine” circoscritta da Quaroni. Ma con una doverosa puntualizzazione: per la qualità e la levigatezza della sua grafica, fatta di tratti puliti e campiture fredde e omogenee, l’artista cuneese non solo non avrebbe sfigurato nell’ambito della kermesse “fondativa” del movimento (tenutasi circa un anno fa a Como), ma si sarebbe elevata addirittura al di sopra della media degli artisti inclusi nella selezione. Sebbene ancora in via di definizione, la sua iconografia tutta centrata sulla figura femminile sembra voler imporre una riflessione sul ruolo della donna nella società contemporanea: tipicamente riscontrabile nella condizione femminile attuale è, infatti, la dialettica irrisolta, che la Riba tende a illustrare e sezionare, fra apparenza e interiorità, tra “io” e “sé”, psychè e sòma, fragilità e sfrontatezza. Le sue “Lolite”, in particolare, sono anime senzienti (e intimamente doloranti) incastrate in corpi iperurani, inattingibili; divinità austere che anelano segretamente ad incarnarsi, come gli angeli di Wenders o gli spiriti elementali di certe fiabe del folklore nordico. Ai lati estremi si collocano, invece, le più disinvolte “Gigantesse”, corpi abitati da donne più mature e autoconsapevoli; e le inquietanti “Bambole”, che rappresentano l’apice della vulnerabilità e dell’introversione, questa volta in formato tridimensionale. Come il magico fungo indicato ad Alice dal Brucaliffo, la pittura consente alla Riba di sperimentare tutti gli stati di espansione e di compressione del proprio ego. Il risultato finale è, se vogliamo, una variazione tutta personale sul tòpos iconografico delle “età della vita”, che la giovane pittrice sta plasmando e mettendo a punto con innegabile coerenza, fin dai primi passi del suo apprendistato artistico ed umano.”
(di Emiliano D’Angelo)