EXCLUSIVE CONTEMPORARY ART

Saturno Buttò

SATURNO BUTTO’
Saturno Buttò è in collezione con l’opera: “L’estasi vinilica di Suor Valentina” – olio su tavola cm. 187 X 125 – Anno 2002

Nato vicino a Venezia nel 1957, Buttò inizia la sua carriera espositiva nel 1993, anno in cui viene pubblicata anche la sua prima monografia, dal titolo “Ritratti da Saturno: 1989 -1992″.
Da allora seguono numerose esposizioni personali in Italia, Europa e negli Stati Uniti (a New York, Los Angeles e San Francisco).
Oltre ad altri due volumi monografici “Opere 1993-1999″ e “Martyrologium” (2007), la galleria Mondo Bizzarro di Roma in occasione della recente mostra ha pubblicato l’ultimo catalogo in ordine di tempo: “Blood is my favourite color” (2012).

(…) L’opera di Saturno Buttò è caratterizzata da una personalissima interpretazione formale dell’arte sacra europea e da una perizia tecnica impeccabile, che ricorda quella dei grandi maestri della nostra tradizione pittorica. Rituali figurati, tableaux vivants, neogotiche pale d’altare sono le magistrali creazioni con cui l’artista indaga da sempre gli affascinanti misteri di una “oscura religione”: quella della innata sensualità del corpo e della sua profonda spiritualità. In continuo conflitto tra erotismo e dolore, trasgressione ed estasi, i pregiati dipinti su legno di Buttò sviscerano la visione intransigente e contraddittoria dell’iconografia religiosa occidentale nei confronti del corpo, da un lato esibito come oggetto di culto, dall’altro negato nella sua valenza di purissima bellezza erotica.
Ne scaturisce un’affascinante tensione che esalta innanzitutto la figura umana, che nella sua opera è da sempre al centro della scena. La figura umana, che nella poetica di Buttò è costantemente rappresentata come sacra, viene indagata nei suoi aspetti di decadenza fisica e psicologica, talora attraverso la presenza di strumenti e apparati medici, che da un lato comunicano il senso del dolore umano e delle afflizioni del corpo, dall’altro tradiscono l’utopistica, più che mai attuale, volontà di sconfiggere la morte e l’ineluttabile condizione di caducità fisica. Così una parata di splendide fanciulle consacrate da un’aura dorata, la stessa delle icone bizantine, brillano di una fisicità pienamente terrena e sensuale, ma sono avvolte da un misterioso fascino demoniaco, come votate in purezza alla distruzione e al disfacimento.
La tavola dipinta di Saturno Buttò lascia emergere la capacità dell’artista di mutuare i personaggi dalla realtà quotidiana e di “travestirli” senza mascheramenti, inserendoli in ambienti dove la combinazione di molteplici presenze a volte illogiche e incompatibili li isolano in un contesto di straniamento assoluto. Eppure sono terribilmente reali al punto da vivere una specie di preludio alla loro materializzazione.
È l”effetto questo di una pittura che nella sua raffinatezza costruttiva e formale è percorsa da una sotterranea energia evocativa evidente in immagini di sicuro impatto drammatico, stemperato programmaticamente da una sorta di ammiccante e complice irriverenza.
Il rilievo autobiografico di Saturno Buttò pare consumarsi nella citazione di persone che connotano il suo spazio-tempo con legami di amicizia o parentela o semplice conoscenza. Sul piano dell’immagine il moto deflagrante è dato dal ritratto: il volto e il corpo si campiscono nella centralità del quadro e diventano pretesto per un’avventura della fantasia, un azzardo dell’arbitrio, uno sguardo ironico sull’esistente.
In mano a Buttò questi soggetti smarriscono la loro identità, conservano solo le fisionomie e divengono protagonisti di un improbabile teatro di posa dove, corredati a volte degli oggetti più grave; strani o, comunque, meno abituali, si pongono araldicamente a fronteggiare l'”obiettivo” dell’artista.
Macchinari bizzarri, il pi&ùgrave; delle volte frutto della fantasia, si propongono nella duplice contrastante valenza di strumenti ortopedici e di arnesi da tortura che tendono il corpo in una posizione statuaria, innaturale nella straordinaria naturalezza del complesso. L’atmosfera è quella di un rituale arcaico dove ogni individuo ricopre un ruolo in una specie di liturgia catartica. È abbastanza scoperto l’intento ludico dell’artista e viaggia dalla frequenza ironica a quella grottesca e sadica.
Da questo punto di vista il suo è un ininterrotto racconto “gotico” nel quale i personaggi sono di volta in volta intercambiabili. È una forma di sensibilità neumanistica esaltata da una forte espressività che si realizza in sfondi d’intensa accentuazione luministica, data anche dalla foglia d’oro.
(di Enzo Santese)